venerdì 29 novembre 2013

GB: Boe, contro bolla immobiliare stop sostegni ad acquisto case -borsaitaliana.it

La Banca d'Inghilterra (Boe) ha annunciato oggi che prevede il taglio dei sostegni per i mutui sulle case e intende spingere le banche a concedere piu' prestiti alle piccole imprese. La mossa della banca centrale guidata da Mark Carney, e' una risposta alle preoccupazioni sullo scoppio di una bolla immobiliare in Gran Bretagna che potrebbe danneggiare istituti di credito e famiglie. La Boe ha sottolineato che non ci sono prove che un'accelerazione del mercato immobiliare rappresenti una minaccia immediata per la stabilita' finanziaria. Secondo il Governatore Carney, "i rischi sono gestiti e gestibili". Tuttavia, secondo la Boe, "i rischi possono crescere se ci si trovasse di fronte a ulteriori aumenti sostanziali e rapidi dei prezzi delle abitazioni e a un ulteriore accumulo di indebitamento delle famiglie"
A sostenere la crescita del mercato immobiliare e' stato un programma governativo chiamato 'Help to buy' che consente l'accesso a un prestito anche con un deposito minimo e che viene fornito dalle principali banche del Paese. Dal prossimo gennaio non ci saranno piu' gli incentivi per l'acquisto della casa, ma resteranno quelli per i prestiti alle imprese. I cambiamenti sono stati concordati con il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne. "Ora il mercato immobiliare sta cominciando a salire - ha detto Osborne - e' giusto che concentriamo la potenza di fuoco sulle piccole imprese". Per il Goverantore Carney un sostegno supplementare per il credito ipotecario e' "non e' piu' necessario".

Storie di vita. Innamorarsi perdutamente di una città e decidere di trasferirsi -di Giorgia Perbellini per www.LuxuryandTourism.com


Oggi intervisto Rosita, una ragazza veronese di 24 anni che da qualche tempo ha deciso di stabilirsi a Varsavia, capitale della Polonia.
Da quanto tempo vivi in Polonia? Hai sempre vissuto in Italia prima o hai esperienza di vita anche in altri paesi?

Ho sempre vissuto in Italia, tra Verona e Reggio Emilia, dove ho frequentato la laurea triennale di Marketing. Proprio grazie a un progetto universitario, l'Erasmus, mi sono trovata a vivere e studiare qui per 5 mesi. Non avevo mai valutato prima l'idea di poter restare a vivere qui anche dopo quell'esperienza, e invece ci sono rimasta e ora sono passati quasi due anni!

Quali sono state le tue prime impressioni una volta arrivata e quali le difficoltà?

La temperatura glaciale di circa -20 gradi può essere considerata una difficoltà? Scherzi a parte, essendo partita molto giovane (22 anni) all'inizio non è stato facile ritrovarmi da sola in una città così grande e completamente sconosciuta. Poi, dopo un mese circa, la solitudine e le paure sono state travolte dalla mia voglia di conoscere, esplorare e immergermi a 360 gradi nella vita polacca. La lingua non è stata di grande aiuto essendo una tra le più difficili al mondo, ma con l'inglese sono sempre riuscita a comunicare alla grande. Ma al di là di tutto Varsavia è stata un amore a prima vista, difficile da spiegare. L'ho sentita mia dal primo momento... come se ci avessi sempre abitato... ho viaggiato spesso ma non mi era mai capitato, forse è questo il motivo per cui ora ci vivo.


La decisione di trasferirti è arrivata dopo un periodo di Erasmus. Quali aspetti della vita a Varsavia ti hanno convinta a cambiare Paese? E' stata una decisione maturata nel tempo o più un "buttarsi" in una nuova esperienza?

Dopo il periodo di Erasmus, che considero molto importante nella mia vita ma lo associo più a una lunga vacanza che altro, è arrivato il momento di fare sul serio. Già mi balenava in mente l'idea di rimanere qui a studiare e lavorare per cui ho deciso di provare le selezioni per entrare all' Uniwersytet Warszawski, facolta’ di management, una tra le migliori in Polonia. In realtà l'avevo fatto soprattutto per soddisfazione personale, per poter dire "ce l'ho fatta". Ma poi ho passato tutti i colloqui e ho deciso che l'Italia poteva aspettare.

Come definiresti la cultura polacca e il suo popolo? Gli abitanti dell'Europa dell'Est spesso vengono definiti freddi e inospitali... ma potrebbe essere l'ultimo di una lunga serie di stereotipi..

Essendo qui da qualche anno ho imparato a conoscere e rispettare la cultura locale ma diciamo che se lo stereotipo esiste un fondo di verità c'è sempre. Non definirei i polacchi freddi e inospitali, semplicemente sono diversi da noi e tante volte ragionano esattamente al contrario di come ragionerebbe un italiano. Il polacco medio sta abbastanza sulle sue, non è molto trasparente e quindi è difficile conoscerlo veramente bene.


A Varsavia studi all'università e lavori. Qual è stato il tuo primo approccio col mondo del lavoro e quali sono le differenze più evidenti che si notano al confronto con l'Italia?

Ho iniziato a lavorare da tre mesi per una ditta italiana, non è molto tempo ma è stato sufficiente per capire che in Polonia si lavora in modo diverso rispetto all'Italia. Ci sono differenze evidenti, come l'orario, che qui inizia alle 8 circa e finisce alle 16: sono otto ore consecutive ma ti assicuro che uscire e sapere che ho ancora mezza giornata davanti non ha prezzo. Anche il salario è diverso, infatti uno stipendio medio si aggira intorno agli 800 euro mensili. Questo è dovuto al basso costo della vita anche se a ben vedere nella capitale il carovita non è economico come nel resto del Paese. Il lavoro qui è sacro, di conseguenza anche il rapporto con il proprio datore è molto formale. Nessuno si sognerebbe di uscirci a cena o a bere qualcosa come capita da noi.


A differenza delle interviste svolte fino ad oggi la Polonia è un paese geograficamente molto vicino all'Italia. Come si vive la crisi ed è ugualmente profonda?

La crisi si sente anche qui, non lo posso negare. Va detto però che questo Paese ha subito un completo rinnovo negli ultimi vent'anni ed è tuttora in continua crescita economica, un'eccellenza tra gli Stati europei. Penso che la Polonia stia facendo fronte in maniera eccellente alla crisi e questo è motivo di attrazione per gli investitori stranieri, europei e non. Infatti la manodopera qualificata costa sensibilmente meno rispetto all'Europa Occidentale, anche aprire un'impresa è più economico e veloce. Poi a questo si aggiunge il fatto di non aver adottato l'Euro ma di aver mantenuto la moneta nazionale (lo Złoty), che può aver giovato all'economia polacca.

Pensi che tornerai a vivere qui o un ritorno in patria è escluso?

Bella domanda! Sinceramente non lo so, per ora il mio primo obiettivo è la laurea e poi dopo dipenderà tutto dalle opportunità lavorative che mi verranno offerte. Ho notato che i giovani, finiti gli studi, hanno un'alta probabilità di trovare lavoro in base a quello che hanno studiato, cosa che per noi italiani è quasi un miraggio.
Una cosa è sicura: voglio soddisfare me stessa al 110%. Detto questo la famiglia, le amicizie e la mia città mi mancano molto quindi non escludo un ritorno. Chissà...

Che consiglio daresti a tutti coloro che vorrebbero fuggire in cerca di una vita migliore ma non trovano il coraggio di farlo?

Sono del parere che “chi non rischia non vince”. Se una persona non è soddisfatta della propria vita o semplicemente vuole fare un'esperienza diversa sarebbe stupido rinunciare solo per la paura di "buttarsi". La paura sarà sempre presente prima di una decisone così radicale, l'importante è non farsi prendere dal panico e non arrendersi di fronte alle prime difficoltà. Non condivido invece l'idea di partire senza obiettivi, senza aver deciso nulla di quella che sarà la vita futura, semplicemente andando a tentar fortuna altrove.

di Giorgia Perbellini per LuxuryandTourism







New York: venduta sede del Washington Post -a-realestate.it


Sipario su pezzo di storia. Dopo aver venduto il giornale a Jeff Bezos di Amazon, la famiglia Graham si è liberata anche dell'iconico quartier generale del Washington Post. Graham Holdings ha raggiunto un accordo per la vendita della redazione a quattro isolati dalla Casa Bianca dove fu scritta la saga del Watergate. L'acquirente è Carr Properties, un gruppo immobiliare che ha offerto 159 milioni di dollari e ne vuole ricavare uffici, appartamenti e forse anche un albergo. Il Washington Post, che occupava la sede dal 1950, continuerà ad affittarla fino a che non ne verrà individuata un'altra al termine di una ricerca avviata ancor prima che Bezos comprasse il quotidiano. Graham Holdings è il nome assunto dalla società di Donald Graham, l'erede della famiglia per decenni proprietaria del giornale, dopo la vendita della testata al boss di Amazon. Altri giornali celebri hanno venduto la propria sede a cominciare dal New York Times quando ha lasciato il vecchio quartier generale per trasferirsi nel grattacielo di Midtown disegnato da Renzo Piano. Ma per il Washington Post il palazzo all'angolo tra "L" e la 15esima è stato sempre qualcosa di più che un palazzo grazie agli scoop dei suoi giovani reporter Bob Woodward e Carl Bernstein, che a metà anni Settanta hanno portato alla caduta di Richard Nixon: un pezzo di storia americana replicata meticolosamente negli studi Warner a Los Angeles dal regista Alan Pakula per il film del 1975 "Tutti gli uomini del presidente". "Duecento scrivanie da 500 dollari l'una furono acquistate dalla stessa ditta che li aveva forniti al Post quattro anni fa", si legge in un ritaglio di giornale: "Per colorarle della stessa tonalità, '61/2 PA Blue' o '22 PE Green' le vernici furono mescolate su ordinazione". Ancor più del libro dallo stesso titolo, fu il film di Pakula a trasformare la newsroom del Post in un informale monumento nazionale. Il palazzo del Post non è una gemma architettonica come la Tribune Tower di Chicago o la sede in stile moresco dell'Herald-Examiner di Los Angeles e il vecchio palazzo dell'Inquirer a Filadelfia. L'interesse nella sede del Post è più storico che estetico, più sugli interni e sul lavoro che vi si è svolto che sugli esterni. Ed è proprio a causa della crisi di questo lavoro che, al pari del Post, tanti di questi edifici sono finiti sul mercato: il Times nel 2007, e poi tre anni fa quando ha venduto l'intero grattacielo di Piano prendendo in affitto gli spazi della redazione, l'Inquirer nel 2011, mentre l'Herald-Examiner è ancora vacante - grottesco fantasma di un tempo che fu - da quando la Hearst Corporation nel 1989 decise di chiudere. Tutte vittime del paradosso in base al quale il "mattone" offre migliori prospettive finanziarie rispetto al giornalismo.

Fuga all'estero con incentivo. Ecco dove la pensione è d'oro -casa24.ilsole24ore.com

Cambiare vita e lasciare il Paese natìo per una meta da sempre sognata. Per molti resta un'illusione, ma sono sempre di più le persone che mettono in pratica questo progetto. Mossi da motivazioni diverse. E con le dovute cautele.
Ci sono pensionati che in Italia stentano ad arrivare a fine mese e che possono vivere con mille euro in maniera agiata alle Canarie e in Thailandia. Ci sono giovani che scelgono di cercare lavoro o intraprendere un'attività all'estero, dove le tasse sono meno pesanti e comprare una casa non è un'utopia se hai meno di trent'anni e solo le tue forze su cui contare.

Ma dove andare? Vicino a noi le isole Canarie, in quanto territorio spagnolo, godono dell'essere parte dell'Unione Europea, ma beneficiano di un regime fiscale ridotto. I pensionati Inps italiani che risiedono nell'arcipelago ricevono lorda la pensione italiana - contributiva (non complementare o integrativa) -, non decurtata delle imposte regionali, comunali (con esclusione di eventuale Imu) e Irpef. Qui si compra un bilocale con 80mila euro. Una villetta nel campo da golf costa 200mila euro. Il clima è sempre tra i 20 e i 30 gradi, e non esiste riscaldamento in casa. Il costo della vita? Il diesel costa circa 1 euro, 1,1 euro la benzina, l'Iva è al 7%, ma più bassa sui generi alimentari, il carrello della spesa costa il 30% in meno che in Italia.

Molti, e non solo nostri compatrioti, guardano anche a Spagna e Portogallo (si veda box). A Cipro, altra meta calda, per i pensionati che riscuotono dividendi e rendite la tassazione è al 5%. «Le tasse governative sulla casa, in fase di cambiamento, vanno dallo 0,6 all'1,9%, cui si somma l'1,5% di tassa municipale» dice Andreas Filippou di Tofarco. 
Tra chi cambia vita ci sono anche giovani coppie che scelgono il centro America per intraprendere un'attività legata al turismo, come aprire un bed & breakfast. Anche la Repubblica Dominicana è gettonata, come la Thailandia in Asia. I prezzi a Phuket si aggirano sui 1.500 euro al mq (2mila euro per il nuovo) e si paga una tassa annuale di proprietà dello 0,1% per le residenze. Il costo della vita è molto basso, 0,50 centesimi una baguette e 0,80 centesimi di euro un litro di benzina.
Qual è il primo step? «Avere un'idea o innamorarsi di un Paese – dice Massimo Dallaglio, creatore di Mollotutto.com, sito che dal 1998 aiuta chi vuole espatriare –. Con Viaggiulisse.com ti diciamo dove puoi ricevere un visto permanente, inserendo i parametri personali, rendita, capitale, età (perché spesso sono richiesti una pensione minima mensile che varia da Stato a Stato o un capitale iniziale, ndr). I Paesi più cliccati sono Brasile, Capoverde, Panama, Argentina, Thailandia, Australia, Antigua, Venezuela, Belize, Ecuador».
In Centro America il costo della vita è contenuto e anche i valori immobiliari. Molti italiani guardano a Panama, che vive una fase di forte espansione. A Panama City i costi delle abitazioni sono rapidamente cresciuti e oggi nei grattacieli che formano la skyline della città si spendono circa 3mila euro al mq. Nelle zone interne si scende anche a 300 euro al mq. «Qui la vita costa il 25% meno che in Italia – dice Amedeo Sorrentino, velista e oggi impreditore a Panama–. I pensionati sono esenti da tasse per dieci anni e godono di una tessera che sconta tutto del 10-15%. Ma arrivano anche molti giovani da tutto il mondo in cerca di lavoro perchè non c'è burocrazia e le tasse sono basse». E in Venezuela? È più rischioso, ma il carrello della spesa settimanale costa 50 euro e una cena al ristorante 9 euro a persona. «Per i pensionati ci sono agevolazioni per avere il visto di residenza e sanità all'altezza – dice Guido Rabà, guida in loco per Mollotutto.com, che vive alla Isla de Margarita –. Il costo di una casa con due camere e due bagni, con terrazza sull'oceano a Porlamar costa circa 60mila euro in condomini con piscina, portineria 24 ore e campo da tennis». Molti i giovani che emigrano in Australia, «più cara ma offre grandi possibilità di lavoro» dice Mauro Ceccarelli di Australia Way, società che aiuta chi vuole trasferirsi nel Paese.
Ma ci sono anche Paesi a rischio. Dove l'instabilità politica offusca qualità e tenore di vita. Giorgio Pini ha scelto di fare della propria passione, le immersioni, un lavoro. Oggi sul Mar Rosso, a Sharm & Sheik, gestisce un diving e un bed & breakfast. Chi vuole trasferirsi qui deve mettere in conto di spendere per la casa da 650 a 1.700 euro al mq. A Marsa Alam e Hurghada i prezzi viaggiano tra i 500 e i 1.000 euro. In Egitto una piccola attività imprenditoriale è tassata sugli utili del 10-15%. E il costo della vita? Una cena in un buon ristorante di pesce costa 15-20 euro, la benzina 0,20 euro al litro. «Ma è l'instabilità politica a bloccare il lavoro. Siamo stati fermi da metà agosto fino a metà novembre» dice Pini. Anche Tunisia e Marocco vivono una fase complessa. Ad Hammamet i prezzi variano dai 1.000 ai 2.100 euro al metro, a Djerba dai 630 ai 1.200 euro. Dopo il boom, anche per l'arrivo di molti occidentali, i prezzi in Marocco sono scesi negli ultimi 4-5 anni.

Immobili: al via nuovo fondo per mutui alle giovani coppie -borsaitaliana.it

Siglato il protocollo di intesa per il rinnovo del Fondo per l'accesso ai mutui per le giovani coppie e per i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori. L'intesa e' stata firmata da Cecile Kyenge, ministro dell'Integrazione, con delega alle politiche giovanili e dal presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, in occasione dell'apertura del convegno 'Credito al credito'. L'obiettivo del nuovo accordo e' rafforzare lo strumento per agevolare nell'acquisto della prima casa in particolare i nuclei con basso reddito e con rapporto di lavoro atipico. La semplificazione delle condizioni per l'accesso ai finanziamenti e la dotazione complessiva di 70 milioni di euro (50 milioni di dotazione patrimoniale iniziale, incrementata di 10 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015) sono tra le misure adottate per il potenziamento di tale Fondo. I beneficiari dovranno avere un'eta' inferiore ai 35 anni, con un reddito Isee complessivo non superiore ai 40mila euro. I destinatari potranno beneficiare di una copertura pubblica fino ad un importo non superiore a 75mila euro; per accedere al fondo e' indispensabile che il mutuo non superi i 200mila euro; i mutui potranno essere sottoscritti con un tasso al momento della stipula non superiore al tasso effettivo globale medio (Tegm) sui mutui. "Il fondo - ha dichiarato il ministro Kyenge - e' a sostegno delle politiche familiari per le giovani coppie che non hanno possibilita' di avere un lavoro sicuro. Questa proposta e' una risposta anche al problema della disoccupazione giovanile e all'inclusione sociale dei giovani". Kyenge ha concluso affermando che il protocollo: "e' solo la prima tappa di un lungo percorso per elaborare le lunghe politiche giovanili".

giovedì 28 novembre 2013

Mercato immobiliare in ripresa a metà anno -casaemutui.it

Il Centro Studi di Casa.it ha pubblicato un rapporto sul mercato immobiliare. L’indagine ha riguardato buona parte del territorio nazionale da luglio a settembre (terzo trimestre). Le impressioni sono positive. Il mercato immobiliare si sta riprendendo. I segnali per ora sono molto timidi, ma il trend è crescente.
In particolare, gli analisti di Casa.it hanno rilevato un divario tra offerta e domanda in costante diminuzione. Il differenziale tra il prezzo richiesto dal venditore e il prezzo che il compratore è disposto a pagare è sceso un po’ dappertutto. E’ sceso soprattutto al centro-nord, dove si attesta 9,6%. Non a caso, da Roma in su, gli scambi sono aumentati del 2,1%. Discorso leggermente diverso per il Sud, dove il differenziale è dell’11,4%, quasi due punti percentuale in più che nel settentrione d’Italia. Anche i prezzi sono in aumento, segnale che il mercato immobiliare ha terminato la sua fase discendente. La città che registra il costo al metro quadro più alto è Venezia, con 4.800 euro. Seguono Roma, con 4.000 euro, Milano, con 4.100 euro, e Roma con 4.000 euro. Catanzaro è invece la meno costosa con 1.300 euro a metro quadro. La media italiana è di 2.700. Il prezzo chiesto da chi cerca una casa è invece 2.400.
Paradossalmente, è proprio il Veneto la regione in cui è più basso il differenziale tra domanda e offerta (4,6%). Il differenziale più alto invece si registra in Basilicata (15,4%).
Casa.it ha rilevato un Key Market Place, ossia il valore in cui, a queste condizioni, domanda e offerta convergono, a 2.480 euro a metro quadro.

Cina a rischio bolla immobiliare -lindro.it

La Cina corre ai ripari. E tenta di sventare il rischio di una bolla immobiliare. Un rischio di cui si discute ormai da mesi visto che i segnali in tal senso non mancano. Nei giorni scorsi l’Ufficio nazionale di Statistica ha diffuso gli ultimi dati ufficiali sui prezzi medi delle case nuove rilevati in settanta città medio-grandi del Paese ed è emerso che nel mese di ottobre per il nono mese consecutivo hanno segnato un aumento. I prezzi in media sono saliti dell’8,78% rispetto ad ottobre dello scorso anno. Si conferma, quindi, la tendenza su base annuale registrata negli ultimi mesi. A settembre, infatti, l’incremento era stato dell’8,19% rispetto allo stesso mese del 2012 e ad agosto del 7,48%. Leggera frenata, invece, per quanto riguarda la crescita su base mensile, scesa allo 0,59% contro lo 0,67% rilevato a settembre e lo 0,79% di agosto. Questi i dati medi delle settanta città considerate, ma se si punta la lente di ingrandimento sulle metropoli l’aumento dei prezzi delle abitazioni diventa a doppia cifra. A Pechino le quotazioni schizzano del 16,4% e a Shanghai del 17,8%, mentre a Shenzhen e Guangzhou si sfonda il tetto del 20%, con aumenti record rispettivamente del 20,2% e del 20,5%.
E se in 69 delle 70 città prese in considerazione i prezzi sono aumentati, Wenzhou risulta in controtendenza: è l’unica città dove i costi delle nuove abitazioni hanno segnato una flessione pari all’1,4% rispetto ad un anno fa. La città del sud-est della Cina, però, vive una situazione a sé. Lì il mercato immobiliare è in declino già da un paio d’anni e il valore degli appartamenti si è dimezzato tanto che, per agevolare le transazioni, lo scorso agosto sono state allentate le limitazioni all’acquisto di immobili, nel tentativo di incentivare gli abitanti a comprarsi una seconda casa.
Eccezioni a parte, il quadro è confermato anche da un sondaggio diffuso all’inizio di novembre dal China Real Estate Index SystemPrendendo in considerazione cento città cinesi, è stato calcolato un aumento medio del prezzo delle case del 10,69% su base annua, concentrato in particolare nelle grandi città, dove è alimentato dalla carenza di offerta. Il Paese, infatti, dal punto di vista immobiliare risulta spaccato in due: da una parte le grandi città, caratterizzate da una forte richiesta di immobili a cui si contrappone una carenza dell’offerta, dall’altra le città più piccole, in cui la situazione è diametralmente opposta, l’offerta è ampia, ma la domanda è ridotta.
Le città cinesi vengono classificate in città di prima, seconda e terza fascia sulla base di alcuni parametri quali lo sviluppo economico, il Pil locale, il sistema dei trasporti, le infrastrutture, l’importanza storica e culturale. Mentre i prezzi delle abitazioni nelle città di prima fascia salgono alle stelle, in quelle di terza fascia stanno scendendo a picco. Secondo uno studio condotto dal centro di ricerca della China Real Estate Information Corp (Cric), su 280 città cinesi, le criticità legate alla fluttuazione dei prezzi nel mercato immobiliare sono molto più pesanti nelle città di terza fascia rispetto a quelle di prima e seconda fascia. Basti pensare che nell’elenco stilato quasi tutte le prime 50 città a rischio per il settore immobiliare fanno farte della terza fascia. Inoltre, come ha spiegato Meng Yin, ricercatore della Cric, al settimanale “China Newsweek”, «le dieci città più a rischio per il settore immobiliare, eccetto Zhangjiajie nello Hunan, si trovano nella parte nord-ovest del Paese» e nel complesso «si distinguono in due categorie: la prima comprende le città in cui è scoppiata una bolla speculativa, la seconda quelle zone che versano in condizioni naturali sfavorevoli».
La situazione che si è creata nei nuovi centri urbani è strettamente connessa ai problemi finanziari dei governi locali, attanagliati da debiti cospicui e fuori controllo. In un rapporto pubblicato dalla Banca mondiale, si punta il dito contro la poca trasparenza nella gestione finanziaria a livello locale che si è tradotta in un indebitamento superiore al livello di guardia a causa del quale c’è chi parla di rischio default. Per tentare di fronteggiarlo i governi locali hanno venduto i propri terreni per la realizzazione di nuovi alloggi. Ma questo ha generato uno squilibrio sul mercato: la quantità di nuovi alloggi ha da tempo superato il numero dei potenziali acquirenti, generando un surplus di offerta che ha portato al dimezzamento dei prezzi nelle città di terza fascia. Le case invendute non solo hanno portato ad avere città costellate di complessi immobiliari rimasti completamente deserti, ma hanno avuto pesanti ripercussioni su quegli investitori che avevano deciso di puntare su questi nuovi centri urbani.
Per questo gli imprenditori immobiliari preferiscono andare sul sicuro e investire nelle città di prima fascia, come Pechino, Shanghai, Guangzhou e Shenzhen, dove al contrario la domanda è alta, l’offerta ridotta e i prezzi crescono. Una catena di causa ed effetto dovuta al fatto che sono ancora queste le città che attirano i cinesi delle zone rurali. Come ha messo in evidenza il sesto censimento nazionale, nel decennio tra il 2000 e il 2010 i residenti di Pechino sono aumentati del 37%, mentre quelli di Shanghai del 40%. Entrambe hanno sfondato il tetto dei 20 milioni di abitanti, con una crescita che si aggira intorno alle 500mila unità l’anno nella Capitale e alle 350mila a Shanghai. Questo si è tradotto in un aumento delle vendite che nei primi dieci mesi del 2013 si è aggirato intorno al 33%. Ma a fronte di un aumento costante della popolazione bisogna fare i conti con una diminuzione dei terreni edificabili. Basti pensare che nel 2012 a Pechino l’area edificabile è diminuita di un terzo rispetto all’anno precedente.
Sia per le città di prima fascia che per quelle di terza fascia, quindi, si tratta di rompere un circolo vizioso che, pur se in direzioni diametralmente opposte, genere squilibri difficili da sostenere. La sfida per il Governo cinese corre su un doppio binario: rallentare l’aumento dei prezzi senza che eventuali restrizioni applicate al settore immobiliare danneggino la ripresa economica. Già negli ultimi quattro anni il Governo centrale è intervenuto per tentare di direzionare il mercato immobiliare, ponendo un tetto al numero di abitazioni che un cinese può acquistare, limitando l’accesso al credito e applicando tasse sulla proprietà. Rientra in quest’ottica, quindi, l’aumento della tassa sul possesso di immobili di cui si discute da tempo e che in alcune città, come Shanghai e Chongqing, è già in vigore. L’obiettivo è contrastare il rischio della bolla immobiliare. Perché parallelamente all’aumento dei prezzi delle abitazioni è aumentato anche il volume dei mutui erogati. Nella prima metà dell’anno ha raggiunto lo storico picco di 1.500 miliardi di dollari. Cifra che l’anno prossimo potrebbe lievitare a 2.000 miliardi di dollari. Questo significa che l’esplosione di una bolla immobiliare avrebbe pesanti ripercussioni anche sul sistema bancario cinese.

Dismissione immobili pubblici, nuovo saccheggio alla Cassa depositi e prestiti -ilfattoquotidiano.it

Il governo aiuta gli enti locali che, gravati da conti sempre piu’ in dissesto, stanno pensando di fare cassa vendendo il loro patrimonio immobiliare. A comprare non sarà infatti un mercato che non c’e', bensì la Cassa depositi e prestiti, la società pubblica che gestisce i risparmi postali degli italiani. Lo ha stabilito il Consiglio dei ministri che, in pieno voto sulla decadenza del Senatore Berlusconi, ha varato ”norme che facilitano il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico“. All’interno del quale è stata in particolare “estesa anche alle Regioni e agli enti locali la possibilità di cedere beni immobili alla Cdp”, come si legge nella nota del Cdm.
Una decisione che preannuncia la più classica delle partite di giro, con la patata bollente che passa da una mano all’altra dello Stato, come già accaduto più volte in passato, e che avviene a soli due giorni dalla nomina di tre consiglieri di amministrazione molto particolari per la Cassa Depositi e Prestiti. Lunedi 25, infatti, il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, ha ufficializzato l’ingresso nel consiglio della Cdp di Piero Fassino, Massimo Garavaglia e Antonio Saitta. Insieme all’assessore all’economia della regione Lombardia e al presidente della provincia di Torino, l’ex segretario del Pd oggi alla guida del capoluogo piemontese gravato da un buco di 3,5 miliardi, dovrà occuparsi proprio del finanziamento degli enti locali da parte della Cassa.
Prosegue, intanto, il piano di privatizzazioni annunciato settimana scorsa dal premier Enrico Letta. Il consiglio di amministrazione di Cdp ha deliberato l’avvio di tutte le attività propedeutiche alla valutazione dell’opportunità e delle possibili modalità di ingresso di soci terzi nel capitale diSace e di Fincantieri, inclusa la quotazione in Borsa.
Il cda della Cassa depositi e prestiti ha inoltre deliberato l’avvio delle attività propedeutiche al conferimento in natura a Cdp Reti della quota detenuta in Terna, pari al 29,85%, con l’obiettivo di favorire l’ingresso di altri investitori in Cdp Reti, mantenendo il controllo. Si prevede l’invio ai potenziali investitori – con i quali l’advisor Lazard ha già avviato contatti – della richiesta di offerte non vincolanti.

Efficienza energetica, mutuo più facile se la casa è green -ilghirlandaio.com


Acquistare una casa "green" ovvero a basso consumo energetico, è più facile dal punto di vista dei finanziamenti. È possibile infatti stipulare un rogito differito. È questo il progetto di Filca, tra le Cooperative edilizie in Lombardia, che ha scelto di dare una risposta al problema dell'accesso alla casa di proprietà, sfruttando la possibilità di utilizzare lo strumento dei minibond per finanziare il progetto CasaMiainLeasing. Ed è proprio con questa nuova formula che Filca Cooperative propone al mercato delle proprie abitazioni costruite secondo lo standard Biocasa Filca, che garantisce efficienza energetica (classe energetica A) e un elevato confort e benessere abitativo.
 
Si tratta, dunque, di un progetto che facilita l'acquisto della casa di qualità e a basso consumo energetico anche a coloro che diversamente non potrebbero permettersela, perchè dispongono solo di un piccolo capitale di partenza insufficiente a coprire la quota non finanziata dal mutuo. Con CasaMiainLeasing, infatti, l'anticipo richiesto atitolo di caparra confirmatoria è compreso tra il 6 e il 9% del prezzo, secondo le esigenze dell'acquirente. Una volta versato l'anticipo, la nuova formula contrattuale prevede l'immediata consegna della casa e la stipula del rogito in un periodo compreso fra i 3 e i 5 anni (con facoltà da parte del socio di chiedere la sottoscrizione dell'atto notarile anche prima del termine indicato), mantenendo invariato il prezzo dell'immobile.
 
Fino al rogito l'acquirente s'impegna a corrispondere rate trimestrali di importo pari o addirittura inferiore al canone di un affitto, grazie anche all'abbattimento dei costi energetici ottenuto con le prestazioni dello standard Biocasa Filca che caratterizza le costruzioni. Inoltre, rispetto all'affitto, il 60% dell'importo delle rate non è a fondo perso, ma viene imputato in conto prezzo. 
 
Questo meccanismo, che accantona entro la data del rogito la quota di capitale necessaria per ottenere il mutuo, permette l'accesso alla casa di proprietà a diversi target: a chi ha iniziato a lavorare solo da qualche anno e non ha il capitale iniziale necessario per coprire la quota non finanziata da mutuo; a chi ha avviato da poco un'attività in proprio e si vede rifiutata la concessione del mutuo dagli istituiti di credito; a chi, pur sognando una casa, è comunque frenato all'acquisto a causa delle preoccupazioni legate agli sviluppi della crisi e alla stabilità lavorativa.
 
A tale riguardo, con CasaMiainLeasing in caso di perdita dell'impiego è previsto un recesso agevolato conrimborso integrale della caparra confirmatoria versata. Inoltre questa formula, per le sue caratteriste, permette a chi deve vendere la propria abitazione per poter acquistarne una nuova di farlo nel momento migliore, sfruttando le opportunità del mercato.
 
Una formula che Filca Cooperative ha scelto di finanziare con l'emissione di minibond che la nuova disciplina introdotta dal decreto Sviluppo del 2012 ha reso possibile anche per le società non quotate. L'Azienda lombarda ha infatti da poco collocato un minibond da 9 milioni di euro che consentirà di assegnare 126 alloggi con la formula del rogito differito, in 6 province della Lombardia: Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Milano e Varese.
 
Quello dei crediti alle famiglie continua ad essere un problema anche se il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, respinge il termine di credit crunch. "È un linguaggio da economia di guerra , mi fa venire in mente il razionamento alimentare". E spiega che negli ultimi 6 anni i prestiti erogati a imprese e famiglie hanno conosciuto un massimo nel 2011, quindi al terzo anno della grave crisi che stiamo vivendo. "Da fine 2011 questo record dei prestiti si è lievemente affievolito ma sono comunque molti di più di quelli dell'inizio della crisi. Siamo vicini alla vetta del record storico degli ultimi 30 anni di erogazione di credito", ha detto. 
 
Da alcune tabelle dell'Abi sul credito alle imprese emerge che la percentuale delle domande ammesse è pari al 54,9% nel Nord, al 22,4% nel Centro, al 22,7% nel Sud. Per quanto riguarda le modalità di sospensione del mutuo, previsto dal Piano Famiglia, per il 40,5% dipendono dalla cessazione del rapporto di lavoro subordinato, per il 22,3% dalla sospensione del lavoro o dalla riduzione dell'orario di lavoro, per il 5,1% dalla morte o insorgenza di condizioni di non autosufficienza, e per il 29,1% da altre cause. Per la tipologia delle operazioni sospese, l'83,5% è dell'intera rata e per il 16,5% solo della quota capitale.

Fisco: dall'Ici all'Imu, 20 anni di tassa sugli immobili -asca.it

 L'Imu scompare dal vocabolario delle imposte, nonostante anche all'interno del governo ci fosse chi credeva che non sarebbe certo stata iniqua una tassazione sugli immobili progressiva, con un'ampio raggio di esenzione, che avrebbe costituito una piccola patrimoniale e avrebbe comunque equiparato l'Italia agli altri Paesi europei.

La tassa sulla casa e' pero' sempre stata tra le piu' odiate nel nostro Paese, tanto che e' stata cavallo di battaglia per ben due campagne elettorali del Pdl di Silvio Berlusconi.

L'Imposta comunale sugli immopbili, l'Ici, nacque nel 1992 come derivazione dell'Isi, l'Imposta straordinaria sugli immobili e servi' a dare ossigeno alle casse dei Comuni, ma anche dello Stato, con la riduzione dei trasferimenti dalle seconde alle prime.

Al termine della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2006, Berlusconi candidato premier annuncio' che, se avesse vinto, avrebbe abolito l'Ici. Vinse il centrosinistra e il Cavaliere dovette quindi attendere che nel 2007 cadesse il governo Prodi, per eliminare nel 2008 l'odiata tassa sulla casa.

Fu poi con il governo Monti, nel 2012, che l'Imu fece la sua comparsa, ma in precedenza il Mef guidato da Giulio Tremonti non era stato scevro da colpe, in quanto aveva predisposto per il 2014 (ossia al prossimo esecutivo) la comparsa dell'imposta municipale sulla seconda casa. L'Imu di Monti anticipo' di due anni la tassa e la estese anche alla prima abitazione. Il governo aveva necessita' ''di fare cassa' per dare una sostanziosa mano ai conti pubblici e presentarsi in Europa con la possibilita' di avere piu' credibilita'. Nelle intenzioni del ministero dell'Economia di allora e dei ''padri'' dell'Imu, magari gia' per il 2013, c'era quella di una trasformazione dell'Imposta Municipale Unica in una tassa progressiva, che non avrebbe gravato sulle famiglie che abitano in case dimensionate al loro fabbisogno, ovvero niente mini-patrimoniale.

Il governo Monti pero' esauri' il suo mandato e, nella nuova campagna elettorale, il Pdl torno' a battere il chiodo della tassa sulla casa, tanto che, al momento della costituzione delle larghe intese e del governo Letta, riusci' a strappare l'impegno formale dell'abolizione dell'Imu, con il beneplacito anche di parte del Pd, che nel suo elettorato annovera anche chi l'Imu non l'avrebbe mai voluta pagare.

Oggi l'Imu sulla prima casa e' stata definitivamente abolita, con la curiosa coincidenza della decadenza da Senatore di Silvio Berlusconi. Arrivera' la service-tax, la Iuc, ma per averne la forma definitiva tocchera' aspettare il via libera definitivo della legge di stabilita' che la contiene.

Casa vuota al mare? Affittarla per le vacanze rende 5mila euro l'anno -casa24.ilsole24ore.com

In una fase di forte crisi del mercato immobiliare, una semplice analisi di costi e benefici spiega come rendere profittevoli le seconde case e suggerisce di guardare dove ci sono alte potenzialità e ampi margini di resa: il turismo e la locazione breve. Non è un segreto. Ma se in Europa il 25% dei viaggiatori soggiorna in una villa o un appartamento, l'Italia è ancora ferma a un tasso di penetrazione dell'8-9% (senza ovviamente tener conto del mercato dei contratti in nero).L'attuale domanda turistica, composta da 5,7 milioni di persone che significano oltre 39 milioni di notti di permanenza, porta un'occupazione media delle case pari a 55 giornate annue, con un potenziale che – in virtù della stagionalità dei flussi – può arrivare a un massimo di 70 giornate nelle zone più turistiche. Siamo dunque vicini alla saturazione, ma solo il 15% del totale delle abitazioni libere (con un potenziale di circa 10 milioni di posti letto) è oggi destinato a rendita con la soluzione dell'affitto per brevi periodi. Circa 500mila case, su un totale di 3,5 milioni a disposizione dei privati (escluse pertinenze e annessi): 1,44 milioni al Nord, 700mila al Centro e 1,36 milioni al Sud.
Quel mezzo milione di abitazioni è ancora poco, se si pensa a un flusso turistico di oltre 100 milioni di persone che si trova di fronte, secondo l'Osservatorio nazionale del turismo, una capacità alberghiera pari a 34mila unità (e con 2,25 milioni di posti letto). È poco, inoltre, dato che per uniformarsi al trend dei Paesi europei servirebbe un aumento del 250%, e cioè l'immissione sul mercato di 7-800mila case destinate ad affitto breve. Così afferma uno studio di Halldis, società del gruppo Windows On Europe, che per elaborare questi numeri si è avvalsa della collaborazione di Enel nell'analisi campionaria degli allacci di fornitura energetica.
La scelta extra-alberghiera è sostenuta soprattutto dal turismo straniero (oltre il 70% degli affitti deriva da clienti internazionali provenienti da 223 Paesi) e la località più richiesta è la Costa Smeralda, seguita da Valtellina, Liguria, Versilia, Valle D'Aosta, Dolomiti e Calabria – alcune delle aree a più alta densità di seconde case. La preferenza è per abitazioni con una superficie media di 55 mq, spazi esterni, vicinanza al mare e a principali punti di interesse turistico, e con un valore di mercato superiore ai 200mila euro.
Attraverso i suoi servizi di property management, Halldis ha sviluppato un'analisi su un campione di 1.300 abitazioni gestite e rappresentative del mercato, per dimostrare la convenienza dell'affitto stagionale, confrontando i costi sostenuti dai proprietari di seconde case e i potenziali ricavi. Perché la crescita della domanda può rallentare proprio a causa di un deficit di informazione e alla mancanza di infrastrutture adatte ad accogliere le nuove presenze.
Quali sono le spese? Partendo dai dati elaborati da Federconsumatori, l'analisi di Halldis ha preso in esame tre differenti profili immobiliari sul territorio italiano: un bilocale di 70 mq in centro città (ad esempio Roma, Milano, Firenze, Napoli o Bologna); un bilocale di 55 mq in posizione turistica (Oristano, Sorrento, Madesimo o Chiavari); una villa di prestigio di 300 mq in località turistica (Toscana, Sardegna, Sicilia, Veneto o Trentino). Tra bollette, imposte e manutenzione, il primo profilo vede costi annui pari a 447 euro, il secondo a 355 euro, il terzo a 1.687 euro. A cui aggiungere altre spese di gestione legate all'affitto breve quali pulizia, fornitura di lenzuola e asciugamani, servizio accoglienza, internet eccetera, per 280 euro (con un tasso di riempimento medio del 70%).
La permanenza media del viaggiatore turistico nelle case vacanza è di una settimana. Ipotizzando che una soluzione per 3/4 persone abbia un costo medio di 1.200 euro per sei notti, l'attuale numero di prenotazioni (circa 40 milioni di notti) produce un fatturato stimato in circa 6,6 miliardi di euro. Se dunque si arrivasse a un'offerta vicina a quella degli altri Paesi europei, con un aumento del 250% delle case vacanza, da questo settore extra-alberghiero l'Italia potrebbe arrivare a generare ricavi per 16 miliardi di euro: vale a dire 10 miliardi in più (e non si conta l'indotto).
Il ritorno lordo per ogni famiglia che metta un immobile a disposizione sarebbe di 10mila euro annui. Al netto delle tasse e dei costi di gestione, per i proprietari di seconde case l'introito varierebbe in media tra i 3mila e i 5mila euro, che andrebbero ampiamente a coprire i costi sostenuti per mantenere l'abitazione.

mercoledì 27 novembre 2013

Usa: a ottobre permessi costruzioni case +6,2% -a-realestate.it

I permessi per la costruzione di case negli Stati Uniti sono saliti del 6,2% in ottobre a un tasso annualizzato di 1,034 milioni, ai massimi dal giugno 2008.

A Roma 7 studenti su 10 affitano in nero -news.immobiliare.it

Purtroppo il fatto che quella degli affitti in nero sia una piaga per moltissime città universitarie o, comunque, dove sono tanti i fuori sede è ormai una cosa nota, ma vedere nero su bianco i numeri degli affitti non dichiartati lascia comunque interdetti; negli scorsi giorni è circolata sui giornali la notizia di un uomo di ottanta anni, già segnalato alla Guardia di Finanza, che non dichiarava i canoni incassati di alcuno dei 47 immobili di sua proprietà e locati senza contratto o registrazione di qualsivoglia tipo a studenti.
Un’evasione fiscale scoperta dalla Guardia di Finanza della Capitale che ha condotto al sequestro di tutti gli alloggi affittati in nero per un controvalore complessivo di 13,5 milioni di euro.
La battaglia intrapresa dalle Fiamme Gialle di Roma contro gli affitti in nero ha portato a scoprire come il 70% degli studenti fuori sede che frequentano gli atenei della città  non abbia un regolare contratto. Per questo motivo, l’Agenzia delle Entrate del Lazio, la Regione, Roma Capitale, l’Università La Sapienza, l’Università Roma Tre e Roma Tor Vergata hanno siglato il “Patto Antievasione” che ha reso molto semplice agli studenti denunciare al 117 gli affitti irregolari.
I primi numeri sembrano dimostrare come l’iniziativa stia ottenendo un grande successo; le denunce di irregolarità sono cresciute del 250% rispetto allo scorso anno, le verifiche da parte delle forze dell’ordine sono aumentate del 179% e questo ha permesso di recuperare 27 milioni di euro evasi dal 1 gennaio 2013 a oggi.

A Riva del Garda apre Rebuild: il mercato dell'edilizia è crollato, ma i recuperi crescono del 14% -


A Riva del Garda due giorni per fare il punto su riqualificazioni e gestioni sostenibili del patrimonio immobiliare. Ha aperto le porte oggi 26 novembre Rebuild, la convention nazionale dedicata alla riqualificazione del patrimonio esistente che vede coinvolti 140 relatori e 400 partecipanti. Un appuntamento per discutere di buone pratiche, innovazione del prodotto immobiliare, trasformazione del mercato dell'edilizia e nuove tecniche per il recupero green degli edifici."Il mercato dell'edilizia è crollato a picco: -70%, ma per l'edilizia legata ai progetti di riqualificazione si misura una crescita del 14%. Fatte le dovute proporzioni, è evidente che nonostante il periodo di forte recessione la priorità del paese sia quella legata alla rigenerazione de patrimonio costruito" così Gianluca Salvatori, presidente di Progetto Manifattura e co-organizzatore di Rebuild, ha ribadito la linea rispetto alla quale tutto il sistema, dalle imprese ai progettisti, dai developer alle banche, dai certificatori alle aziende, deve fare squadra. "La sostenibilità è un'urgenza ma è anche una leva che sta trasformando interi mercati, ecco – sottolinea Salvatori – perché la scelta del tipo di approccio è fondamentale".La riqualificazione è una sfida europea e italiana: bisogna trovare le giuste strategie per poter riqualificare il patrimonio immobiliare pubblico e incentivare il mercato ad avere approcci maggiormente sostenibili. "Non è una questione tecnologica ma di prodotto complesso - ha precisato Thomas Miorin, direttore di Habitech – e attenzione, se per garantire un'operazione sostenibile si generano extracosti nel ciclo della vita di un edificio, è probabile si stia agendo in modo sbagliato". 
Benessere ed efficientamento energetico sono due priorità che vengono affrontate di pari passo quando si parla di retrofitting. Intervenire sul costruito significa migliorare le performance, tagliare i consumi, migliorare le prestazioni sismiche, intervenire anche sul confort e sulla qualità complessiva del progetto.
Rebuild, nella sua seconda edizione, dedica particolare attenzione al prodotto immobiliare: in Italia non c'è una domanda di crescita tale che si necessitino quantità ingenti di nuovi spazi, di uffici di residenze: quindi il tema è andare a sostituire il prodotto vecchio con quello nuovo, come già succede nel settore automobilistico e della telefonia. La dotazione è diffusa, e molti chiederanno un prodotto di sostituzione di maggiore qualità.
"Se nella città si produce l'80% del pil nazionale – ha aggiunto Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti – tutti gli investimenti devono essere rivolti al tema del riuso. Serve agire in modo integrato per mettere in sicurezza il Paese, valorizzare i beni culturali, occuparsi dell'ambiente e rigenerare le città. Basta politiche settoriali. Dall'Inghilterra alla Danimarca, ci sono realtà internazionali che hanno già attivato interessanti strumenti per mettere a reddito questa opportunità. Nella direttiva europea ci sono già alcune precise indicazioni per mettere in moto la macchina". "La pressione della domanda è evidente, ci sono 6 milioni di edifici in Italia che hanno bisogno di cura – ha concluso Miorin – bisogna organizzarsi per garantire un'offerta matura e concertata".