martedì 6 agosto 2013

Immobili: la crisi penalizza soprattutto gli affitti di Pasquale Fassina - Business Vox

Il binomio Imu-Crisi ha penalizzato fortemente il mattone. Poco conveniente oggi il mercato degli affitti mentre si allungano i tempi per realizzare plusvalenze.

Tornare sul mattone oggi è una scelta difficile, nonostante la contrazione dei prezzi conceda delle vere e proprie occasioni: l'investimento immobiliare non è più la meta preferita per i risparmi degli italiani, ma sfruttando location consolidate e repricing può tornare ad essere un affare per i privati con liquidità in cerca di asset duraturi.
La crisi del mercato immobiliare - Il binomio mattone-bene rifugio, però, oggi è messo in discussione dalla crisi immobiliare: il crollo delle compravendite nel 2012 (confermato dal -14,2% nei primi sei mesi del 2013) ha spinto le quotazioni degli immobili al ribasso, erodendo parte dei risparmi investiti dagli italiani. Le transazioni registrate dall'agenzia delle Entrate sono tornate ai livelli degli anni 80 e, per andare incontro alla domanda, i valori immobiliari hanno subito cali medi del 20% in termini nominali (che diventano del 30% in termini reali) dall'inizio della crisi ad oggi, con ulteriori ribassi in vista. Secondo le ultime previsioni elaborate da Nomisma, il 2013 dovrebbe chiudere a -5,6% per il residenziale, a cui si aggiungerà una discesa del 3,5% nel 2014.
La rivalutazione richiede pazienza - D'altro canto prezzi così bassi rendono appetibili asset un tempo fuori mercato e sul mercato si possono incontrare vere e proprie occasioni. Ma è davvero il momento di tornare a investire nel mattone? Chi cerca nel lungo termine la rivalutazione in conto capitale (guadagni derivanti dalla differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto) può dormire sonni tranquilli, secondo gli operatori. Tuttavia anche nei momenti più grigi di mercato il mattone resta un bene rifugio per i propri risparmi, per investimenti che durano non meno di dieci anni. Questo, quanto meno, è quello che è successo finora, con guadagni più o meno elevati a seconda della fase del ciclo immobiliare, considerando gli ultimi trent'anni di storia. Questo tipo di investimenti, di solito, vengono effettuati su immobili per uso diretto: prime o seconde case, immobili di proprietà oppure (è il caso più frequente) abitazioni per i figli e i nipoti.
Rendimenti in frenata - A frenare, invece, gli investitori sono soprattutto i rendimenti da locazione, quando si decide di mettere a reddito l'immobile: anche chi torna, con prudenza, a guardare al mattone a caccia di occasioni viene dissuaso dalla scarsa convenienza di queste operazioni. Secondo Nomisma, a metà 2013 i rendimenti potenziali lordi da locazione si attestavano al 4,8% per le abitazioni usate, al 4,9% per gli uffici e al 7,2% per i negozi. I valori netti, però, sono tutta un'altra storia: sul residenziale i rendimenti si avvicinano allo zero, penalizzati dal punto di vista fiscale e dal ribasso dei canoni d'affitto. In pochi oggi però comprano un'abitazione per metterla a reddito. Si dovrebbe infatti pagare il 10% sul costo dell'acquisto, oltre all'Imu che è quasi sempre al massimo sulle seconde case, considerate un investimento di lusso al pari con quelle nelle località di vacanza tenute a disposizione dei proprietari. Senza contare che non ci sono più detrazioni per l'affitto e si finisce in tutti i redditometri che controllano i redditi dichiarati.
Migliori sono i rendimenti degli altri asset immobiliari, dove però il rapporto rischio-rendimento è più elevato: negli ultimi 5 anni i piccoli negozi hanno garantito redditività più elevate delle abitazioni; uffici offrono un 6-7% lordo e, anche se ci vogliono circa sei mesi per trovare un inquilino, poi garantiscono canoni d'affitto per 12 anni. In questi casi bisogna conoscere bene il segmento di mercato e le location di riferimento, si tratta di investimenti più professionali. Per i più esperti, comunque, a parità di location rispetto al residenziale hanno prezzi inferiori e garantiscono affitti molto più elevati.

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