lunedì 15 luglio 2013

Mercato immobiliare, l’ora della svolta di Paolo Onofri * Stefania Tomasini - Repubblica.it



Anche se negli anni 2000 in Italia non vi è stata una bolla immobiliare vera e propria, il settore delle costruzioni rischia non solo di condizionare la ripresa ma anche di rappresentare uno dei maggiori fattori di rischio in prospettiva. Il settore è in recessione dal 2008 e ha perso un quarto del valore degli investimenti rispetto al periodo pre-crisi e 370mila unità di lavoro. L’aggiustamento è ancora in corso: nel primo trimestre di quest’anno gli investimenti sono caduti del 3,9% sul trimestre precedente, contribuendo in misura consistente alla caduta del Pil, e l’occupazione è caduta del 4,8%. Anche i prezzi degli immobili sono in caduta da sei trimestri: hanno perso il 5% in termini nominali, il 15% al netto dell’inflazione. Non si era mai verificato in passato: dopo il precedente ciclo espansivo, iniziato nel 1987 e culminato nel 1992, i prezzi nominali erano scesi solo per un anno e dell’1%. I problemi che solleva questa situazione sono molti e vanno ben oltre il contributo del settore alla crescita dell’economia nel suo complesso e quindi alla ripresa ciclica. Come dimsotra l’esperienza statunitense, ampie oscillazioni effettive e attese nei prezzi degli immobili influenzano il valore della ricchezza detenuta dalle famiglie e si possono riflettere nelle scelte di consumo. Inoltre, la minore liquidità in fasi di caduta dei prezzi influenza la composizione del patrimonio finanziario delle famiglie che verrà detenute in forme più liquide. Ma non solo.
Gli immobili rappresentano il principale collaterale dei prestiti delle famiglie: una loro perdita di valore rende più rischioso l’attivo del sistema bancario e richiede un maggiore apporto di capitale. L’interagire di questi fenomeni potrebbe innescare un circolo vizioso che lascerebbe le famiglie più fragili finanziariamente e più vincolate nella loro liquidità poiché nell’impossibilità di disporre della loro ricchezza perché esposte a perdite in conto capitale, ma darebbe luogo a banche più restie a concedere prestiti perché il loro attivo e i prenditori di fondi sono più rischiosi. Una situazione potenzialmente esplosiva. Riveste dunque grande importanza capire a che punto è giunto l’aggiustamento del settore. Come noto le costruzioni seguono un ciclo proprio, che non sempre coincide con i cicli economici del Pil. I cicli delle costruzioni sono di durata assai più lunga e sono caratterizzati da fasi espansive cui seguono spesso lunghe fasi di stagnazione, sia nelle quantità investite sia nei prezzi. La ragione è ovvia, ed è legata alla vita media molto elevata delle costruzioni comparata a quella di altri beni capitali come macchinari (30 anni e più rispetto a 10). Un eccesso di investimenti effettuato in beni immobili richiede un tempo lungo per essere riassorbito, come il caso della Germania post riunificazione mostra: al boom immobiliare degli anni 90 sono seguiti praticamente 20 anni di flessione/stagnazione, e solo di recente si assiste a una ripresa dell’attività e dei prezzi. In Italia, la durata dei cicli delle costruzioni è stata in passato mediamente di circa 10 anni ma l’ultimo ciclo è maggiore per lunghezza e intensità sia nella fase di ascesa che nell’attuale fase di calo. In tale contesto, per valutare compiutamente lo stato e le prospettive del settore si dovrebbe disporre di una misura degli edifici, ad uso residenziale e produttivo, invenduti. In mancanza di dati ufficiali, abbiamo effettuato una valutazione induttiva del numero di abitazioni invendute in Italia a partire dal gap tra il numero di permessi di costruzioni residenziali e il numero di abitazioni ultimate. Bene, il numero di permessi ha cominciato a diminuire fra il 2003 e il 2004, mentre l’ultimazione delle costruzioni ha richiesto ancora qualche anno per poi cominciare a flettere anch’esso e ancora oggi il numero di permessi è inferiore al numero di fabbricati ultimati, benché dal 2009 la distanza fra le due variabili si sia andata riducendo. Si può presumere che il numero di abitazioni invendute si sta riassorbendo ma che il processo non ha ancora avuto termine. Molto dell’aggiustamento in termini di prezzi e quantità sembra tuttavia essere già avvenuto. Da questo punto di vista si apre quindi uno spiraglio che permette di vedere la fine della caduta dell’attività economica nel settore delle costruzioni in Italia. Dopo l’ulteriore contrazione del 6.7% che si realizzerà quest’anno riteniamo che la svolta, nel contesto di debolezza dello scenario macroeconomico complessivo, si verificherà nella seconda metà del 2014, anche se sarà modesta e non eviterà un’altra caduta dello 0.6% in media d’anno. Solo nel 2015 sia i prezzi che le quantità inizieranno nuovamente a risalire, seppur a un ritmo molto più lento rispetto al passato e non tale da consentire un recupero dell’occupazione. E’ un quadro certamente non brillante, che tuttavia potrebbe migliorare e contribuire allo stesso tempo a imprimere una svolta positiva all’economia italiana in termini di produttività ed efficienza se si riuscissero a orientare investimenti, pubblici e privati, verso i comparti più “strategici”, quali le opere infrastrutturali e di riqualificazione del patrimonio storico e abitativo, da troppo tempo penalizzati dai vincoli posti dalle finanze pubbliche e dallo sviluppo, talvolta indiscriminato, di edilizia residenziale di bassa qualità. * Prometeia

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