giovedì 31 ottobre 2013

Tassazione immobiliare: le proposte di Confedilizia -ingegneri.info


La Confedilizia esprime un giudizio decisamente negativo sulla decisioni assunte dal Governo in materia immobiliare. Nell’ambito di una specifica Audizione parlamentare sulla legge di Stabilità, viene evidenziato come essa tradisca le aspettative che erano state generate dalle decisioni assunte dal Governo sotto almeno tre profili:
- in primo luogo, non viene rispettato l'impegno ad un alleggerimento del carico tributario sugli immobilio, almeno, ad un mancato aumento dello stesso (si stima che le misure contenute nel disegno di legge determineranno aumenti di tassazione sugli immobili che potranno portare a quasi 10 miliardi di euro di gettito in più rispetto al 2013);
non si rispetta l'impegno a una semplificazione e ad un riordino del sistema di tassazione locale;
- la mancata istituzione di un’innovativa tassa sui servizi, posto che tale qualificazione non può essere attribuita alla nuova TRISE.
Serve un deciso ripensamento sulle decisioni in materia tributaria riferite al settore immobiliare ed assunte con il disegno di legge di Stabilità. È il messaggio, forte e chiaro, che Confedilizia lancia nel corso di una specifica Audizione parlamentare.
La pressione fiscale sulla casa è già infatti troppo elevata, su livelli più alti rispetto alla media europea. Le cifre fornite sono particolarmente indicative: l’IMU 2012 ha reso quasi 24 miliardi di euro contro i meno di 10 miliardi assicurati dall’ICI, con un aumento di circa il 140% da un anno all’altro. Il riflesso immediato è stato quello di un crollo verticale delle transazioni a partire dal primo trimestre 2012, primo periodo di rilevamento successivo al varo delle misure tributarie di fine 2011.
La stretta fiscale sul settore immobiliare ha prodotto poi effetti fortemente depressivi anche sul mercato dell’affitto, che ha subìto di fatto una paralisi a partire dall’inizio del 2012. Il crollo del mercato immobiliare ha portato con sé, oltre ad una forte svalutazione del patrimonio immobiliare italiano, nella sua gran parte di proprietà delle famiglie, ulteriori effetti depressivi.
Confedilizia analizza poi le misure varate dal Governo Letta e lancia una serie di proposte.
Con l’istituzione della Trise e, in particolare, della sua componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei Comuni (TASI), secondo l’Associazione, non si configura la parvenza di una “Service Tax”, vale a dire una tassa collegata ai servizi apprestati dai Comuni, commisurata ai benefici apportati da tali servizi ai singoli immobili, di cui “aumentino” il valore. È stato infatti rimaneggiato il tributo per i servizi indivisibili istituito dal Governo Monti, è l’accusa, come “maggiorazione” della TARES (maggiorazione, limitata a 0,30 centesimi per metro quadro, corrisposta dagli stessi contribuenti della TARES e quindi anche dagli inquilini) e al suo posto è stata istituita una nuova imposta (e non una tassa), avente la medesima base imponibile dell’IMU, vale a dire le rendite catastali aumentate dai moltiplicatori della manovra Monti.
La Tasi, secondo Confedilizia e con riferimento all’abitazione principale, sostituisce solo nominalmente l’IMU, mantenendone tutte le caratteristiche essenziali e, quanto agli immobili diversi dall’abitazione principale (case affittate, negozi, uffici), si aggiunge all’IMU, aumentando quindi il relativo livello di tassazione. La richiesta è allora quella di fare in modo che la TASI sia sostituita da una vera tassa sui servizi, che dovrebbe avere un carattere di corrispettività e dovrebbe essere a carico dei residenti (proprietari e conduttori) ma anche dei non residenti e, comunque, dei soggetti che occupano l’immobile in via transitoria in relazione ad attività, lavorative o di diversa natura, svolte nei Comuni.
La legge nazionale dovrebbe fissare i parametri di riferimento sia in relazione ai servizi collegati in via diretta a un immobile sia in relazione ai servizi collegati in via diretta all’utilizzo da parte degli abitanti di un immobile. I Comuni dovrebbero poi decidere il “peso” dei singoli parametri al fine della determinazione del tributo, sulla base del criterio del beneficio apportato agli immobili e ai contribuenti incisi. Quanto alla Tari, è indispensabile rafforzare il principio del pagamento della tassa in ragione della quantità di rifiuti prodotti e dell’adozione o meno della raccolta differenziata.
Irpef sulle case non affittate e tributi locali
L’applicazione dell’Irpef e delle relative addizionali comunali e regionali sulle case non affittate, già soggette a Imu e, dal 2014, anche a TASI e TARI, è stata sostenuta con l’asimmetria che si sarebbe determinata nel trattamento fiscale degli immobili non locati rispetto a quello degli immobili locati essendo, con l’introduzione dell’Imu, stato escluso dall’IRPEF il reddito derivante dai primi. La tassazione Irpef delle case non affittate è spiegata anche con la necessità della lotta all’evasione, presumendosi che gli immobili non locati siano in realtà locati irregolarmente.
Confedilizia è decisamente contraria a tale misura; gli immobili in questione, infatti, sono generalmente quelli che i locatori (per la stragrande maggioranza piccoli proprietari, come noto) intendono concedere in locazione, senza peraltro trovare, soprattutto in questo periodo di crisi, inquilini disponibili. In molti casi si tratta anche di immobili che i proprietari utilizzano direttamente come locali di deposito o che non possono locare, per possibili esigenze personali o di figli, per le lunghe durate contrattuali tuttora previste da una normativa d’altri tempi e che tiene anchilosato il mercato nell’uso abitativo come nell’uso diverso.
In molti casi, gli immobili non vengono poi locati perché bisognosi di ristrutturazioni, per effettuare le quali i proprietari non dispongono dei mezzi necessari, data la mancanza totale, o quasi, di redditività della locazione nei tempi attuali (stretta com’è fra le alte tasse, la conseguente esigenza di non praticare canoni al di sotto dei livelli delle stesse e la non possibilità di rinvenire inquilini con idonee capacità reddituali, dato il periodo di crisi).
Nella valutazione dell’imposizione fiscale sugli immobili è anche da considerarsi, prosegue Confedilizia, che il disegno di legge di Stabilità non attua quell’opera di riordino e di semplificazione del sistema di tassazione locale.
Le proposte
La prima proposta è quella di una semplificazione della cedolare secca sugli affitti, che nelle sue regole applicative che si è rivelata farraginosa e complicata, al punto da allontanare persino soggetti potenzialmente interessati a tale regime fiscale. Inoltre, è necessario estendere l’applicazione della cedolare alle locazioni ad uso diverso dall’abitativo, al fine di dare ossigeno ad un settore particolarmente in crisi anche a causa dell’introduzione dell’Imu sperimentale.
Quanto al settore abitativo, ferma restando l’opportuna riduzione, attuata con il decreto Imu, dal 19% al 15% dell’aliquota prevista per i contratti “concordati”, al fine di ampliare l’utilizzo della cedolare in questo settore è necessario, da un lato, estendere l’applicabilità dell’aliquota del 15% a tutto il territorio nazionale (mentre ora è limitata ai Comuni ad alta tensione abitativa) e, dall’altro, prevedere una riduzione anche dell’aliquota prevista per gli altri contratti di locazione ad uso abitativo.
Va poi estesa l’esenzione Imu per gli immobili invenduti.
La legge di riforma del mercato del lavoro (n. 92/2012) ha previsto poi, a decorrere dal 2013, la riduzione dal 15% al 5% della deduzione forfettaria Irpef per i redditi da locazione. Deduzione da sempre prevista a titolo di riconoscimento delle spese a carico del proprietario che loca (imposte e tasse, manutenzione ordinaria e straordinaria, riparazione, assicurazione, amministrazione, rischio sfitto ) e che fino a qualche anno fa era fissata al 25% (nonostante gli studiosi di estimo valutino intorno al 30% le spese in questione). Il ripristino della misura del 15% avrebbe, sulla base di dati del Governo, un costo di 365 milioni di euro. Peraltro, nel corso dell’esame della norma in Commissione Bilancio al Senato nella scorsa legislatura, emerse che sulla base della legislazione vigente un aumento della deduzione all’8-10% non comporterebbe oneri per lo Stato.
Secondo Confedilizia, vanno poi esentati da ogni imposta gli accordi di riduzione dei canoni di locazione ed è necessario eliminare la norma sulla graduazione degli sfratti.
Ulteriore provvedimento suggerito è poi quello della individuazione e definizione delle fattispecie oggettive di morosità incolpevole ai sensi del D.L. n. 102/2013.
Infine, per Confedilizia è necessario liberalizzare le locazioni ad uso diverso dall’abitativo. Si propone infatti la sostituzione graduale dell’attuale legge locativa per l’uso diverso, risalente all’equo canone. In via sperimentale, si propone l’approvazione di una normativa, stimolatrice della concorrenza, che consenta di stipulare (in alternativa facoltativa alla vigente legge, che con le sue rigidità crea infatti il caro affitti ed anche lo sfitto) contratti di durata flessibile che facciano riferimento alle norme del codice civile.

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