venerdì 28 giugno 2013

Marco Plazzotta, di Allianz real estate: «Abbiamo rovinato il real estate in 15 anni». Ed ecco come tornare a un mercato sano di Evelina Marchesinim- Il Sole 24 Ore



Oltre 20 anni nel real estate e 10 come decision maker degli investimenti immobiliari del gruppo assicurativo Allianz in Italia. Marco Plazzotta non è certamente alla prima crisi del mattone da affrontare e ha vissuto le fasi di boom così come quelle di declino. «Ma la situazione di oggi mi lascia con l'amaro in bocca», esordisce.
Perché? Vogliamo ripercorrere gli ultimi 15 anni del settore immobiliare italiano? 
Nell'arco di 15 anni abbiamo vissuto un po' di tutto. Partiti con grandi aspettative si è poi distrutto "valore" e il settore immobiliare, anziché costruirlo innovandolo. Avevamo una serie di grandi player anche a livello internazionale, che andavano dall'engineering alle costruzioni e ai servizi tecnici, dalle property companies quotate di notevoli dimensioni e molto stabili alle banche fondiarie e ipotecarie. Tutto ciò oggi è praticamente scomparso, vuoi per fattori esogeni, vuoi endogeni al sistema. Non si può negare l'innovazione, portando una finanziarizzazione al settore immobiliare che è stata certamente positiva. Ma anche qui si è poi caduti in una ubriacatura, cioè un eccesso di finanza, spostando in modo anomalo l'interesse degli operatori dall'immobiliare alla finanza.

Quindi oggi? 
La vera scommessa è tornare sugli aspetti più concreti, tornare sull'immobile, pur tenendo per buono quello che comunque si è sviluppato nel corso di questi anni: strutture, finanza, veicoli societari, fondi e così via.

Come hanno influito, su questo processo, i comportamenti degli operatori, cioè dei diretti protagonisti del mercato? 
Questa defocalizzazione rispetto all'immobile e la ricerca di risultati a breve ci mostrano oggi gli esempi di realtà che, ancorché quotate, hanno di fatto perso il bagaglio patrimoniale e di management che avevano un tempo. E questo per una serie di motivi, per esempio gli asset stripping, il trading nel breve termine, quando il mercato immobiliare per definizione ha obiettivi di medio-lungo periodo. L'eccesso di finanza ha portato operazioni troppo "levereggiate" (con troppo indebitamento, ndr), le grandi operazioni si sono concentrate non sulla costruzione di portafogli, ma al contrario facendo a pezzi i portafogli esistenti.

E i fondi immobiliari? 
I primi fondi, faccio l'esempio di quelli di Deutsche Bank o dell'allora Bnl Fondimmobiliare, sono stati sicuramente una innovazione molto positiva. Ma quando si è iniziato a utilizzare in modo massiccio il meccanismo dell'apporto di asset sui fondi per i risparmiatori si è entrati in un territorio, secondo me, molto discutibile. Tanto che le attuali performance lo stanno a dimostrare chiaramente.

Perché, secondo lei? 
Il meccanismo dell'apporto si rivolge a un investitore istituzionale che sia in grado di comprendere e nel caso discutere il valore dell'asset sottostante, mentre per un privato è più difficile interpretare quello che viene sottoposto in fase di collocamento, soprattutto perché le situazioni che abbiamo visto sono state molto sofisticate. Non critico l'apporto in sè, ma il fatto che sia stato proposto ai risparmiatori.

Come tornare oggi a un mercato sano? 
Come dicevo prima, riconsiderando la materia, cioè il sottostante. Si deve tornare a fare l'immobiliare vero, con il supporto della finanza ma non al contrario. E poi serve una valutazione seria del rischio di ogni operazione, con la corretta partecipazione di ogni professionalità. Meno vestiti gessati e più cazzuola....Senza escludere il ruolo fondamentale delle banche. Oggi mancano le property company o SIIQ. In Francia in 10 anni ne sono state costituite una ventina, il cui obiettivo è estrarre valore nel tempo dalla gestione locativa.

A proposito di banche, gli investitori esteri criticano il fatto che gli istituti italiani non facciano nulla per spingere verso il riprezzamento degli asset immobiliari sottostanti i crediti bancari. Cosa ne pensa? 
Il ruolo del sistema bancario è cruciale, per dare o meno una svolta al mercato. Volenti o dolenti sono i soggetti che oggi hanno il dovere di intervenire.

Stanno aumentando molto i non performing loans? 
Dai dati della Banca d'Italia vediamo che dal 2010 al 2012 le sofferenze bancarie sono passate da circa 78 miliardi a 125 miliardi.

Come intervenire? 
Rinunciando ciascuno – creditore e debitore – a qualcosa per giungere a un prezzo più congruo con il mercato vero. Per arrivare, nel caso, fino a prenderne il possesso del bene e al conferimento di questi asset in appositi veicoli.

Sta parlando della possibilità di fare delle bad bank anche in Italia? 
Chiamiamole bad bank, chiamiamole società di asset management specializzate nella gestione di immobili problematici, il punto deve essere il ritorno del sistema bancario alla gestione di questi crediti, anche tramite il suo consolidamento. Peraltro ci sono stati esempi simili già in passato.

Quali? 
Penso a Euromilano, allora con il coinvolgimento di Cariplo, quando vennero chiamate a raccolta diverse realtà intorno alla società. Nel tempo questa società è poi diventata un player competitivo nel proprio specifico settore. Un altro esempio di consolidamento è quello che fece il San Paolo negli anni '90 con la crisi del Gruppo Uno Holding, con quello che oggi è il campione italiano dell'immobiliare, Beni Stabili. Si tratta di esperienze ripetibili, perlomeno come modello.

E Unim? 
Si è fatto lo spezzatino, con beneficio momentaneo per chi in quel momento ha fatto l'operazione ma cancellando una realtà importante dal settore. Perdere un player non è mai una cosa buona.

Si parla molto di valorizzazioni di immobili pubblici: che valutazioni dà delle precedenti operazioni, come le Scip? 
Dipende, le Scip non si sono poi evolute come il sistema governativo poi si aspettava. Invece l'esperienza di Fip ha dato e sta dando risultati sia al Governo sia agli investitori. I nuovi strumenti normativi oggi a disposizione e la volontà di tutti i soggetti di voler procedere sulla strada delle valorizzazioni creano, in teoria, un terreno fertile su cui lavorare.

Qual è oggi il ruolo delle compagnie assicurative nel real estate? 
Così come per le casse e gli enti previdenziali, le compagnie assicurative hanno un interesse verso il mercato immobiliare esattamente come una delle diverse asset class per la diversificazione del proprio portafoglio. L'idea è comunque quella di essere un investitore stabile e di lungo periodo. Dal punto di vista di soggetto finanziatore, invece, in Italia, a differenza di quanto avviene all'estero, non avendo licenza di soggetto bancario non possono erogare credito. E credo che in un momento come questo, di grande scarsità di credito, sarebbe quantomai opportuno consentire a soggetti che di mestiere gestiscono i rischi, di entrare tra i soggetti che, anche indirettamente, possano erogare credito.

In prospettiva il ruolo delle compagnie assicurative nel mercato immobiliare italiano andrà diminuendo o crescendo? 
È sempre stato ben presente e tendenzialmente i numeri consentirebbero una certa crescita. Il che non vale solo per le compagnie, ma in genere per gli investitori istituzionali.

Se dovesse comparare il settore immobiliare a un altro settore, cosa le verrebbe in mente? 
Per me il settore immobiliare, che ha sempre avuto il vantaggio di una grande capacità di assorbimento da parte della domanda, è oggi invece un settore maturo, molto prossimo a quanto accade nel settore automobilistico. Allo stesso modo, abbiamo un top di gamma di lusso e specifiche tipologie che non conosce limiti e un mass market con magazzini pieni e, in più, automobili da rottamare: un po' come accade per gli immobili italiani, dove peraltro la percentuale di asset "da rottamare" è decisamente anche più alta. Bisogna sapere innovare. Anche l'immobiliare deve saper creare il suo "stile Ikea", Tata, Zara, qualità, design, cheap.

Se la sente di fare un appello agli operatori del real estate? 
Mi piacerebbe che ognuno tornasse a fare la propria parte e il proprio mestiere e, soprattutto, cercare di dare una voce unitaria a un settore importante come il nostro.

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