«Dieci milioni e mezzo di lire per la Madonnina, 400 mila per ciascuna delle 135 guglie, venti milioni per il tesoro antico e gli arredi sacri, sei milioni per i dodici altari contro le pareti...» questo l’incipit dell’articolo del Corriere ai tempi della Seconda Guerra. Pur in tempi di globalizzazione imperante, che coinvolge anche i simboli della città (leggi Indonesiana Inter), il nostro Duomo non sarà mai in vendita. Eppure c’è stato chi ne ha ipotizzato il costo, seppur in modo «alquanto arbitrario e approssimativo». Nel 1941 il cronista del Corriere si prese l’insolito compito - avvalendosi comunque della specifica competenza di Adolfo Zacchi, architetto della Veneranda Fabbrica - di calcolare il valore della cattedrale. Partendo dalla superficie: 6.000 lire al metro (in pieno centro...) per 11.300 metri quadrati significava oltre 67 milioni. Poi l’edificio, fondazioni, piloni, capitelli ecc., quello che in gergo tecnico si chiama - scriveva il nostro - «calcolare vuoto per pieno».
Tutto a 1.800 lire al metro cubo, e i metri cubi indicati, seguendo il libro, non sempre preciso nelle cifre, di Carlo Romussi sul Duomo, erano 411.800. Totale 741 milioni e rotti. Altri 66 milioni venivano dalle 3.300 statue, costo medio 20 mila lire. E ancora: 3,4 milioni per le 5 porte della facciata, 15 milioni per le 45 vetrate maggiori, stessa cifra per la cripta e la tomba di san Carlo, di cui vita e miracoli valevano - nei 60 quadri a lui dedicati - altri 3 milioni. L’altar maggiore e il due altari dei capicroce non superavano i 5 milioni. A 4,5 milioni erano i sette organi con le loro grandi custodie e a 2,5 milioni i due pulpiti. «Il Duomo non è ancora e non sarà mai da vendere né da comprare - concludeva il cronista il suo curioso inventario - comunque oggi il suo costo supererebbe il miliardo»
03 ottobre 2013
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