lunedì 3 giugno 2013

Il mercato del mattone in movimento negli Usa motore spento in Italia A SEI ANNI DALLO SCOPPIO DELLA BOLLA IMMOBILIARE NEGLI STATI UNITI SI TORNA A COSTRUIRE E I PREZZI SONO IN SALITA. DA NOI NEL 2012 TRANSAZIONI AI MINIMI “LA CRISI È STRUTTURALE” (Repubblica.it)


Milano A quasi sei anni dallo scoppio della bolla dei mutui subprime, il mercato immobiliare statunitense inizia a dare i primi segni di ripresa sostenibile. Non altrettanto si può dire per molti Paesi del Vecchio Continente e per l’Italia in particolare: la crisi — prima finanziaria e poi economica innescata nella seconda metà del 2007 proprio dai mutui subprime Usa — continua a pesare sulle quotazioni del mattone. La ritrovata vitalità del settore immobiliare Usa è frutto di imponenti manovre di stimolo monetario messe in pista negli ultimi anni dalla Federal Reserve e dell’amministrazione di Washington che, prima di avere la meglio, hanno dovuto fare i conti con false riprese durate tanto quanto gli aiuti e poi evaporate non appena la mano pubblica ha tolto il proprio sostegno. Nei primi tre mesi dell’anno, negli Stati Uniti, l’aumento dei prezzi degli immobili è stato del 6,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e dell’1,9% rispetto all’ultimo trimestre del 2012. Secondo i dati raccolti dall’agenzia federale Federal housing finance agency (Fhfa), su base annuale la crescita è del 7,3%. I prezzi delle abitazioni sono ormai in rialzo da oltre un anno nelle principali aree metropolitane statunitensi e, in media, i valori immobiliari, pur restando distanti dai massimi del 2006, sono risaliti ai livelli del 2003. Sono inoltre in forte ripresa le costruzioni di nuove abitazioni, mentre sono in deciso calo i pignoramenti, che al culmine della crisi
erano diventati una vera piaga per la società americana. «Il mercato immobiliare si è stabilizzato in molte aree del Paese e l’attività edilizia si è rafforzata», ha spiegato Andrew Leventis, economista della Fhfa. Di tutt’altro tenore è invece il quadro italiano. Secondo quanto contenuto nel Rapporto Immobiliare 2013 realizzato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con l’Abi, nel 2012 il numero delle transazioni è sceso a 448.364 unità (25,7% rispetto al 2011), con un calo inferiore per i capoluoghi (-24,8%) e maggiore per i comuni non capoluogo (-26,1%). A livello nazionale si tratta della peggiore performance dal 1985, quando le compravendite furono 430mila. L’anno scorso si è inoltre registrata una forte diminuzione del valore di scambio complessivo, stimato in circa 75,4 miliardi (-27 miliardi rispetto al 2011). «Il mercato immobiliare italiano non ha le forze per riprendersi nel breve periodo — certifica Massimo Caputi, vicepresidente di Prelios con delega allo sviluppo — La crisi del settore immobiliare registrata negli ultimi anni è diventata per certi versi strutturale e sta costringendo gli operatori a rivedere l’approccio nei confronti del mercato ». Secondo l’esperto appartiene ormai al passato quel modo speculativo di guardare al business immobiliare, fatto di trading spinto in presenza di alte rotazioni di portafoglio, di utilizzo spregiudicato della leva per finanziare ambizioni eccessive di sviluppo e campagne acquisitive. Per sconfiggere la crisi, soprattutto nel settore dei servizi immobiliari, secondo Caputi «è necessario superare l’impasse dell’incertezza normativa e fiscale che negli ultimi due anni ha pesato in maniera eccessiva sul comparto, rischiando di tagliare fuori l’Italia dal radar di quegli investitori istituzionali esteri che anzi dovrebbe attrarre: oggi solo una percentuale risibile degli investimenti complessivi mondiali in real estate, l’1 o il 2 per mille, ha come destinazione l’Italia». Il mercato residenziale italiano «è più connesso a queste dinamiche di quello che si pensa: condizioni scarse di accessibilità al credito, ma anche incertezza nelle politiche in materia di casa e stagnazione economica non rappresentano i migliori presupposti per una ripresa nel breve del settore residenziale, specie nei centri minori — conclude Caputi — Mi attendo una ulteriore diminuzione dei prezzi prima di una ripresa nel numero delle transazioni». A livello mondiale sono soprattutto gli immobili commerciali a trainare la ripresa del real estate. Secondo una ricerca condotta dalla società Jones Lang LaSalle in 60 Paesi, i volumi globali degli investimenti immobiliari nel primo trimestre del 2013 raggiungono i 94 miliardi di dollari, con Germania, Giappone e Stati Uniti che registrano trend molto positivi. Tutte le regioni segnalano aumenti rispetto allo scorso anno; Americhe, Europa, Emea e Asia-Pacifico registrano un rialzo compreso tra i 7 e gli 8 punti percentuali. Regno Unito, Francia e Germania sono i tre mercati europei in forma migliore. Secondo l’agenzia di rating Standard & Poor’s la crisi del mattone italiano continuerà per tutto il 2013. A differenza di molti Paesi vicini, tuttavia, la correzione dei prezzi sarà inferiore e già dal 2014 si potrebbe verificare un’inversione di tendenza positiva. Nel suo ultimo studio sul real estate nei principali Paesi europei, Standard & Poor’s indica che nel 2013 solo Germania e Belgio vedranno un segno più nei loro valori immobiliari. I prezzi delle case in Italia dovrebbero invece scendere dell’1,6%, dopo il -4% del 2012. Spagna, Olanda e Francia saranno gli stati con le peggiori performance. Il 2014 dovrebbe però essere l’anno dell’inversione di tendenza, dopo praticamente un lustro di diminuzione dei prezzi degli immobili: con un +0,5% l’Italia figura tra i Paesi che torneranno in terreno positivo. La Francia invece potrebbe collezionare un altro tonfo, regolando così gli eccessi dei prezzi vissuti negli ultimi anni. Stessa dovrebbe verificarsi per Spagna e Olanda. Il Rapporto 2013 dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare di Agenzia delle Entrate e Abi indica in 448.364 unità le transazioni in Italia nel corso del 2012. E’ la peggiore performance dal 1985 quando le compravendite furono 430mila “Il mercato immobiliare italiano non ha le forze per riprendersi nel breve periodo — certifica Massimo Caputi, vicepresidente di Prelios delegato allo sviluppo — La crisi è diventata per certi versi strutturale”

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