lunedì 20 maggio 2013

Distressed asset, le Sgr studiano fondi ad hoc ma la Banca d'Italia frena di Mariarosaria Marchesano - ilghirlandaio.com

Distressed asset, le Sgr studiano fondi ad hoc ma la Banca d'Italia frena
(Il Ghirlandaio) Roma, 16 mag. Il sistema bancario italiano ha in portafoglio 26 miliardi di crediti in sofferenza con sottostanti immobili. E’ una zavorra di cui gli istituti di credito vorrebbero liberarsi e, forse, un’opportunità di business per il mondo dei fondi immobiliari. Ma soprattutto è una di quelle micce accese che mette a rischio l’equilibrio del sistema. (vedere prima puntata dell’inchiesta). La Polis Fondi sgr, guidata da Paolo Berlanda, ha fatto da apripista in Italia, lanciando a giugno dello scorso anno il Fondo Asset Bancari, concepito per investire in portafogli di immobili non strumentali e di crediti non performing con sottostante immobiliare provenienti dalle banche.

Anche Beni Stabili Gestioni sgr si è fatta avanti avviando un fondo di 200 milioni di euro nel quale alcune banche hanno apportato immobili di tipo retail e logistico frutto di contratti di leasing scaduti. E ora alcune sgr si preparano a debuttare in questo segmento, come Idea Fimit, Amundi Re Italia, Sorgente, che stanno studiando veicoli ad hoc per i 'loans' immobiliari com’è emerso anche dall’ultimo Salone del Risparmio promosso da Assogestioni. Ma nonostante il grande fermento che si registra c’è qualcosa che impedisce l’avvio di questo meccanismo su larga scala e questo qualcosa si chiama Banca d’Italia.

Le banche hanno interesse a cedere il maggior numero possibile di questi cespiti allo scopo di alleggerire l’ammontare dei crediti incagliati. Ma proprio su questo punto la banca centrale guidata da Ignazio Visco starebbe opponendo una certa resistenza per il timore che vengano messe in atto operazioni di cosmesi dei bilanci.
Un atteggiamento di grande cautela che si è manifestato anche con la bocciatura dell'ipotesi di creazione di una bad bank nella quale far confluire i crediti in sofferenza avanzata da Mediobanca e con l’avvio di una raffica di ispezioni nei principali istituti bancari con l’obiettivo di verificare la corretta rappresentazione in bilancio proprio delle sofferenze attraverso le opportune svalutazioni. Il problema è tanto rilevante da togliere il sonno a banche operatori immobiliari che una ventina di giorni fa si sono messi intorno a un tavolo per cercare una soluzione.

L’occasione è stata una tavola rotonda sulla ‘gestione attiva dei distressed asset bancari’ promossa da Sigest a Milano di buon mattino affollata dai big del mattone e del credito in cui si respirava una certa preoccupazione. Massimo Caputi, presidente di Feidos e artefice del rilancio della nuova Prelios, è uno di quelli che di operazioni con fondi immobiliari ne ha fatte tante quand’era a capo di Idea Fimit sgr diventando punto di riferimento di istituti com Unicredit e Intesa Sanpaolo.
Oggi, di fronte al bubbone dei distressed asset, appare perplesso e fa autocritica: “Stiamo studiando da 8 mesi una soluzione equilibrata con Banca d’Italia che ci ha fatto le pulci su tutto”, afferma Caputi, “Se ci troviamo in questa situazione è perché sono stati commessi molti errori in passato. E oggi lo stock di bad loans è tale da creare una grave distorsione del mercato immobiliare.  Il punto è che non si possono mettere in circolazione asset rilevati con un forte sconto dalle banche perché questo rischia di far crollare i prezzi degli immobili realizzati in questi anni da operatori seri mettendo in crisi i loro cantieri”.

Insomma, il timore è che i fondi che nasceranno con in portafoglio gli immobili sottostanti i crediti scaduti diventeranno concorrenti sleali dei fondi che hanno costruito i loro patrimoni a prezzi di mercato. “L’unica soluzione è rischiare insieme”, afferma Caputi, “Banche e operatori devono creare un’alleanza per gestire questa situazione nel rispetto dei paletti posti da Banca d’Italia”. Anche Cesare Ferrero, country manager di Bnp Parisbas Re Italia, ha qualche dubbio sul business dei distressed asset: “Il fatto è che non si possono apportare i crediti deteriorati delle banche direttamente in un fondo immobiliare”, chiarisce, “E dobbiamo prendere atto dell’invito che ci viene da istituzioni come il Fondo monetario internazionale e la Banca d’Italia ad apportare le svalutazioni in bilancio. Questa è la strada che porterà a un ripricing dei valori immobiliari che peraltro ci viene chiesto anche dagli investitori stranieri per tornare a investire in Italia”.

Dal fronte degli ottimisti si alza la voce di Paolo Berlanda, numero uno di Polis Fondi sgr, “E’ vero i crediti in sofferenza non si possono apportare nei fondi ma si possono acquistare sul mercato”, ribatte, “E’ possibile costituire un fondo che per il 30% investa in crediti e, con determinate condizioni, questa percentuale può salire al 49%. E’ possibile fare ciò con l’attuale normativa e noi l’abbiamo fatto, dopo il lancio dei primi due fondi ne stiamo preparando un terzo. Ma per dare il via a un’operazione di sistema ci vuole un’ampia condivisione di obiettivi tra i partecipanti al fondo e i gestori”.

Ma che cosa pensano le banche in tutto questo? Spinte dalla Banca d’Italia hanno intrapreso la strada dei rate off e dai bilanci 2012 si vede il risultato anche di importanti svalutazioni dei cespiti nel tentativo di adeguarne il valore agli attuali livelli di mercato. Di svendere gli immobili che oggi si ritrovano in portafoglio per aver concesso credito facile in passato, non vogliono proprio sentir parlare. Marco Recalcati, responsabile area Real Estate e Fondi immobiliari per Unicredit, spiega bene questo punto di vista: “Si possono ritoccare i listini ma non svendere gli immobili”, afferma, “Non ci sentiamo portati verso soluzioni radicali, anche se ci sono pressioni affinchè le banche mettano sul mercato gli asset a prezzi di liquidazione. Quello che stiamo facendo con gli operatori in difficoltà è riscadenziare il debito e rivedere i covenant e per quanto riguarda i crediti in sofferenza intendiamo dare un messaggio di stabilità: immetteremo sul mercato gradualmente gli immobili facendo leva sui prezzi ma senza danneggiare gli altri player di mercato”. Del resto, sarebbe un paradosso se Unicredit, per recuperare le proprie sofferenze vendesse a sconto palazzi danneggiando i concorrenti che sono pure suoi clienti….

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