Anche la Pubblica amministrazione potrebbe trarre giovamento da interventi di questo tipo: nella Penisola esistono circa 85 mila edifici pubblici, che potrebbero essere riqualificati con un investimento da 17 miliardi di euro. Occorre considerare che, a differenza degli Usa (Paese leader nelle certificazioni internazionali in materia di edilizia), dove non esiste un vero e proprio patrimonio storico da tutelare e si ricostruisce da zero con relativa facilità, in un Paese come l'Italia bisogna adottare una strategia di tutt'altro genere, con progetti artigianali e su misura. In questi ultimi anni l'approccio “green” ha senz'altro pagato: in un periodo in cui il comparto edilizio ha pesantemente subito la crisi economica complessiva, il mondo dell'edilizia sostenibile ha messo a segno una buona crescita (+14%) nel quadriennio 2008/2011, tanto che la prossima edizione di Rebuild - più che sui casi di successo internazionali - sarà dedicata al mercato italiano.
La rivoluzione dell'efficienza, sotto molti punti di vista, è di fatto obbligata: «Come prevedono le normative europee, dovremo intervenire prima del 2020 - ha spiegato Luca Dondi di Nomisma -. In particolare, entro il 2014 l'Italia dovrà definire il suo piano di attività in materia di riqualificazione, che dovrà prevedere delle iniziative concrete. Senza contare che se oggi non interveniamo con la riqualificazione energetica, per gran parte del patrimonio immobiliare nazionale non ci sarà mercato in futuro. Occorre ovviamente porsi il problema di come di riqualificare: da un punto di vista tecnologico non c'è tantissimo da inventare, occorre recepire le iniziative adottate a livello internazionale, non è necessario inventare l'ennesimo protocollo in materia, anche perché gli investitori stranieri si aspettano delle certificazioni conosciute. Occorre poi mettere in comunicazione pubblico e privato, perché ci vuole una visione complessiva per riqualificare le città».
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