giovedì 30 maggio 2013

L'immobiliare Usa sostiene la ripresa: rischio bolla limitato di Marco Valsania - Il Sol 24 Ore




NEW YORK.
Il settore immobiliare suona la riscossa e dà nuova spinta all'economia americana. Una spinta sospetta per chi teme in futuro l'avvento di nuove bolle speculative, gonfiate dalle iniezioni di liquidità e dai tassi d'interesse ai minimi assicurati dalla Federal Reserve. Ma che al momento appare robusta e in grado di consolidare una ripresa che quest'anno dovrebbe viaggiare al 2,5%, un passo tuttora modesto per gli Stati Uniti, evitando che tradisca le aspettative. I più recenti dati hanno sollevato il sipario sulla schiarita in atto nel settore immobiliare e delle costruzioni. I prezzi delle abitazioni sono reduci dal maggior incremento in sette anni, un'impennata del 10,2% in marzo stando all'indice Standard & Poor's/Case-Shiller. Di più: in città quali San Francisco e Phoenix, tra le più colpite dalla crisi, l'impennata è stata del 22 per cento. Nell'intero primo trimestre 2013 l'incremento dell'1,2% è stato a sua volta il primo dal 2006, dagli albori del collasso immobiliare.
Indicatori meno noti e più prudenti, quali il Lender Processing Services che esclude le proprietà pignorate, offrono simili responsi: l'aumento in marzo è stato del 7,6 per cento. E si moltiplicano anche le dimostrazioni empiriche del riscatto: le aste al rialzo, dove i prezzi di vendita superano le iniziali richieste, sono ormai una realtà a Manhattan come a Seattle, spesso con “premi” superiori al 10 per cento. Il Dipartimento dell'Edilizia e dello Sviluppo urbano ha fotografato la strada compiuta dal mercato nell'arco di tre anni: se nel luglio del 2010 le compravendite di abitazioni monofamiliari erano pari a 276.000, oggi sono risalite a 454.000 su base annua; se i prezzi erano in media pari a 204.000 dollari adesso superano i 271.000. Le case invendute allora corrispondevano a un fabbisogno di 9,1 mesi, oggi queste “scorte” si sono ridotte a 4,1 mesi. «Il settore appare irrobustito e segno dell'espansione», ha detto Michael Feroli di JP Morgan.
Il recupero è stato notato esplicitamente dalla Federal Reserve: «E' in atto un sostenuto recupero nel comparto immobiliare», ha detto l'esponente del board della Banca centrale Elizabeth Duke. Tanto che gli investitori temono che gli exploit convincano la Fed ad accelerare il ritiro delle manovre straordinarie di stimolo, a cominciare dal Quantitative easing, riflettendo sia una maggior fiducia nella tenuta della crescita che l'obiettivo di contenere squilibri. Simili preoccupazioni, di retromarce affrettate e disordinate della Fed, sono tuttavia considerate premature dalla maggioranza degli analisti. Il tracollo immobiliare è stato talmente profondo che i prezzi potrebbero lievitare di un altro 20% senza apparire eccessivi. Ai livelli odierni restano del 28% inferiori al picchi del 2006 e ai livelli più modesti del 2003.
La risalita dei prezzi immobiliari può sicuramente avere un effetto di volano economico: facilita nuove vendite, spingendo sul mercato altri proprietari. Genera fiducia e reddito per i consumatori. E sblocca la “prigione” delle famiglie americane vittime di mutui più costosi del valore della casa. Una realtà che ha ostacolato anche la ripresa del mercato del lavoro, rendendo difficili gli spostamenti. Gli entusiasmi sono tuttavia temperati da sintomi che mostrano come il cammino del recupero sia ancora incompiuto. I freni ancora tirati nel settore sono stati evidenziati da un rapporto del colosso finanziario Pimco: le nuove costruzioni, 780.000 l'anno, devono raddoppiare solo per tenere il passo con le tendenze demografiche e la forza lavoro nell'edilizia resta ai minimi da 13 anni. Il credito rimane imbrigliato e i consumatori prudenti nell'indebitarsi. E la casa non è più fonte di facile reddito: nell'ultimo anno gli americani hanno intascato 65 miliardi usando a garanzia le abitazioni, mentre hanno ripagato o cancellato con default 209 miliardi di mutui. Simili fattori dovrebbero moderare la spinta che il settore immobiliare offrirà alla crescita del Paese. Forse per il bene di una ripresa oggi meno brillante, ma domani più sostenibile e equilibrata.

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