mercoledì 8 maggio 2013

PER LE IMPRESE L'ACCONTO IMU CRESCE FINO AL 200% di Gianni Trovati Il Sole 24 Ore


Mentre tutta la politica si concentra sulla sospensione dell'acconto Imu per l'abitazione principale, i tecnici studiano le modalità per compensare i Comuni e la polemica fra i leader mette in gioco (almeno a parole) la sopravvivenza stessa del Governo appena nato, nel silenzio generale anche le imprese sono chiamate alla cassa per il primo versamento del 17 giugno. Per i capannoni (e in generale per gli immobili strumentali alle attività delle aziende), non solo non si parla di sospensione, ma le regole già in vigore preparano una doppia stangata rispetto ai valori, già elevatissimi, pagati lo scorso anno.
La prima è per tutti ed era già contenuta nel decreto «Salva-Italia» di fine 2011, che aveva messo in calendario per quest'anno un nuovo aumento dell'8,33% per i valori fiscali di riferimento di questi immobili (il moltiplicatore passa da 60 a 65) dopo gli incrementi del 20% introdotti l'anno scorso. La seconda è "riservata" a chi si trova nei Comuni che hanno aumentato le aliquote quest'anno o l'anno scorso, perché la rata di giugno si calcolerà sulla base delle scelte locali (quelle 2012 se non ci sono delibere nuove) e non più sul parametro standard del 7,6 per mille come avvenuto l'anno scorso. Già nel 2012, l'aliquota «ordinaria» destinata a questi immobili è aumentata nel 50,4%, e fra i Comuni che l'hanno gonfiata ci sono praticamente tutte le città maggiori, per cui nei fatti anche questo rincaro è quasi generalizzato.
I numeri, passati in rassegna nei grafici pubblicati qui sotto, mostrano bene le dimensioni del problema: un capannone di 2mila metri quadrati in un'area industriale milanese a giugno 2012 ha versato quasi 12.100 euro, con un'impennata dell'82,4% rispetto a quanto chiedeva l'Ici. Il conto da pagare nelle prossime settimane sale invece oltre quota 18.250 euro, con un nuovo aumento del 51,1% rispetto a 12 mesi fa e un super-aumento del 175,6% rispetto ai tempi della vecchia Ici. Un po' più leggero (si fa per dire) il confronto con l'Ici a Roma, Torino e Napoli (+96,9%) ma solo perché in queste città anche l'antenata dell'Imu era arrivata al valore massimo consentito all'epoca (il 7 per mille) mentre il capoluogo lombardo si accontentava del 5 per mille.
Lontano da questi grandi centri e in particolare per alcune categorie di imprese che il vecchio fisco locale considerava meritevoli di un trattamento speciale, gli aumenti effettivi saranno ancora più pesanti. Per esempio a Ferrara, come in altri Comuni, l'amministrazione aveva deciso di alleggerire il conto per le imprese a inizio attività, o per chi rilevasse immobili strumentali da un fallimento per garantire il mantenimento dell'occupazione in quell'area, e destinava a questi immobili l'aliquota "ultralight" del 4 per mille. Dal 2013, però, questi sconti sono vietati per legge, perché il gettito prodotto dall'aliquota standard del 7,6 per mille viene dirottato allo Stato e i Comuni non possono incidere in alcun modo sulla riserva statale: in questi casi, di conseguenza, l'aumento minimo rispetto all'anno scorso sarà del 106%, e potrebbe arrivare al 187% nei Comuni che decideranno di applicare a tutti la maggiorazione.
La riserva statale sugli immobili «produttivi», infatti, vieta gli sconti ma non mette limiti agli aumenti, che grazie alle maggiorazioni locali possono riportare l'aliquota al tetto del 10,6 per mille. È probabile, anzi, che la nuova distribuzione delle risorse, che assegna allo Stato il doppio del gettito realizzato con questi immobili rispetto all'anno scorso (quando Stato e municipi si dividevano a metà i valori ad aliquota standard), moltiplichi gli incrementi anche fra i Comuni che finora non avevano sfruttato questa leva fiscale. In linea generale, l'aumento della quota statale è compensato dal fatto che ai sindaci vanno tutti i frutti fiscali delle abitazioni, ma nei tanti Comuni in cui è alta l'incidenza dei fabbricati industriali (o, nelle zone turistiche, degli alberghi, che appartengono alla stessa categoria catastale dei capannoni) lo scambio non sarà a costo zero: e il nuovo «Fondo di solidarietà», ancora da costruire ma già tagliato per 2,25 miliardi dalla spending review, difficilmente potrà pareggiare i conti.

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